The Dave Goddess Group: Beautiful World

Beautiful World è il nuovo album di The Dave Goddess Group, uno splendido concentrato di classic rock sulle tracce dei 70’s che parte da NYC alla conquista del mondo

The Dave Goddess Group

Beautiful World

classic-rock

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The Dave Goddes Group- Beautiful WorldUna delle cose che rende alcune città come New York o Londra assolutamente stupefacenti, oltre a tutto il resto naturalmente, è la ricchezza del loro circuito underground che, esprimendosi attraverso tutte le arti e le stravaganze, le rende delle fucine inestimabili per ogni tipologia di avanguardia.

E così, se vi capita di entrare in un locale della Grande Mela, potreste ritrovarvi a sorseggiare un Margarita e ad ascoltare un’esibizione del The Dave Goddess Group, che proprio in queste settimane sta promuovendo il suo nuovo album Beautiful World.

La loro musica è estremamente piacevole: prendete un po’ di tequila, triple sec e succo di limone, shackerate il tutto con l’orecchiabilità di Bryan Adams unita a un sound e a una vocalità alla Springsteen e a certo rock Settanta. Ecco, ci siamo quasi…

Forse non è un caso se la band ha raccolto numerosi adepti in tutto il circondario dell’Hudson e dell’East River, diventando una delle realtà locali più accreditate senza mai, tuttavia, spiccare definitivamente il volo.

Probabilmente anche per la vicinanza geografica la linea di tendenza del loro istogramma mi ricorda quella degli Asbury Jukes. E, certamente, quella di un altro cantastorie dei giorni nostri che è sempre rimasto a un passo dal diventare un vero big time, John Mellencamp.

La title-track sa di motel economici e sacchi a pelo sulle tracce di una nuova beat generation, che poi invece è sempre la stessa, proprio come questo nostro mondo meraviglioso di cui spesso ci dimentichiamo.

“Baby let’s take, a leap of faith”, non c’è un minuto da perdere, “screw it, let’s do it, let’s run away”, saltiamo a bordo di una vecchia Chevy e andiamo a impolverare piramidi e faraglioni.

Il mood prosegue con Way Back When, quindi mentre ne battete il tempo sul tavolino state attenti a non rovesciarci il cocktail.

La successiva House Of Mirrors vi rimarrà in testa, oltre che per una melodia accattivante, per gli assoli di flauto che ne caratterizzano un’armonia particolarmente brillante e, se vogliamo, dal sapore vintage.

UR What UR scivola via meravigliosamente come un’oliva che galleggia nel ghiaccio e apre il sipario al brano di chiusura, dal titolo beneaugurante Don’t Say The Party’s Over.

Tante volte ho scritto dei disastri che l’utilizzo distorto e impunito di Internet ha creato alla musica, travolgendone l’industria e azzerandone in modo irreversibile le politiche “promozionali”, che non erano soltanto quelle meramente commerciali ma anche quelle, più etimologicamente affini al termine, di “promozione” di nuovi artisti. Le conseguenze le conosciamo bene ma dei loro effetti ci renderemo pienamente conto soltanto quando anche la grande ruota sarà passata sullo zero, rendendo memoria tutti i mostri sacri (U2, Rolling Stones e via dicendo) e pura utopia la loro emulazione.

Quel che di buono rimane, quando si incontra gente che ha ancora voglia di tagliarsi i polpastrelli come Dave Goddess, è certamente il piacere di vedere la passione pura che tira dritta menando educatamente spallate ma, anche, laddove non regna più la bramosia di buttare fuori un album solo per l’incasso, la possibilità di limitarsi a produrre soltanto la musica che merita di essere prodotta. E questo nuovo EP, Beautiful World, ne è la piena dimostrazione, con le sue sole 5 tracce di alto livello e nessun filler.

Del resto, per usare le parole di Dave, “Gli anni passano, ma i giorni si trascinano”.

E allora tuffiamoci in questo mondo e in questo album meravigliosi.

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