Invers: Dell’amore, della morte, della vita

Da Biella il nuovo disco degli Invers, Dell’amore, della morte, della vita, un lungo respiro ansioso che si posta negli anni 80 tra nuvole cariche e nebbie striscianti

Invers

Dell’amore, della morte, della vita

Vina Records

post punk

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INVERSLe armonie vocali dai forti colori opachi, dissonanti per moto parallelo, che aprono i minuti preziosi di Dell’amore, della morte, della vita – nuovo lavoro dei biellesi Invers – sembrano uscire direttamente da quelle giornate nebbiose del fitto sottobosco degli anni 80, da quella fragile innocenza disillusa che non vuole sentire ragione di svernare, che è sempre atmosfericamente affascinante nel torbido.

Dieci tracce che continuano l’omaggio stilistico ad un post-punk nervoso ed in pieni giri waveing, un respiro ansioso, elettrico, che strappa pagine quotidiane per farne canzoni e velocità d’anima, una estetica che non si fa ai rigurgiti modaioli bensì ad una nuova lettura di un genere che non ha delimitazioni, che non si chiude a cerchio; probabilmente la band piemontese conosce bene anche le impronte chiaroscure di certi imprinting tutti tricolori, da certi primaticci CCCP (Ciò ch’è meglio, Montagne) a schegge di Diaframma (Io sono, Così come la morte), tutte arie che si respirano in una volata di suoni, suoni che collidono con una poesia maudit di tutto rispetto.

L’improvvisata distorta di Nessun altro o l’avvolgente e metafisica visione corale che si evolve nella finale titletrack, lascia l’ascoltatore sazio e pieno di un redivivo corpo estetico in cui gli Invers paiono rotolarcisi come onde di torba, tra notti e rarefazioni.

Classe!

 

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