Povia: intervista sul Nuovo Ordine Mondiale

Nuovo Contrordine Mondiale è il nuovo album di Povia, un'autoproduzione fuori dagli schemi in cui si parla di economia, finanza e politica. Ce lo siamo fatto raccontare dal suo autore

povia-intervistaVi ricordate il tormentone “tutti i bambini fanno oooh”?

Come dimenticarlo. Del resto quel brano, oltre ad aver portato Povia all’attenzione del grande pubblico italiano e internazionale, è divenuto per mesi un vero e proprio compagno di quotidianità: lo sentivi per strada, sulla metropolitana, nei bar, in ufficio, al supermercato.

Quella canzonetta a cui non c’era modo di sottrarsi ha venduto parecchie centinaia di migliaia di copie in tutta Europa, è stata per 20 settimane in testa alla classifica italiana, è stata utilizzata per pubblicità di natura sociale.

Un po’ tutti, siamo sinceri, abbiamo pensato che per il suo autore quel brano sarebbe stato il più classico dei boomerang musicali: un anthem per il solo tempo del volo, poi un requiem aeternam dei suoi ricordi di gloria.

E invece l’anno successivo, eravamo nel 2006, Povia ha vinto il Festival di Sanremo con Vorrei Avere Il Becco, un pezzo sulla monogamia coniugale. E nel 2009, pur tra qualche polemica, ha chiuso la rassegna al secondo posto con Luca Era Gay.

Insomma, tra premi vari e soprattutto il riconoscimento del pubblico, sembrava proprio che i profeti dell’ovvio avessero torto marcio sulla sua longevità artistica.

L’arrangiamento del brano Chi Comanda Il Mondo, per esempio, è molto interessante, proprio come la sua linea vocale. Ma così siamo già saltati troppo avanti.

Eh già, perché dopo quattro anni di silenzio, nel 2016 Povia ha deciso di stravolgere la sua vita.

Si è auto-prodotto un doppio album intitolato Nuovo Contrordine Mondiale e le 19 canzoni che ci sono dentro, a partire da quella appena citata, sono veri e propri manifesti del suo pensiero sulle tematiche economiche, politiche, sociali. E quando dico manifesto intendo dire proprio quello: lui è contro l’euro, contro il tetto del 3% di sforamento del disavanzo deficit/PIL imposto dalla EU, contro il Jobs Act e contro l’ultima riforma costituzionale. E’ anche pro un sacco di cose, ovviamente.

E così ne ha stampate 5 mila copie, le ha pubblicizzate su Facebook e le ha vendute quasi tutte spedendole direttamente a casa dei suoi ascoltatori estromettendo di fatto anche gli store online, oltre a imbarcarsi in un tour che ancora prosegue e che lo vede esibirsi dovunque lo chiamino, anche nel salotto di casa vostra, purché gli diate il rimborso spese e la possibilità di esprimere in piena libertà il suo pensiero.

Ma, nell’intervista che segue, non mi interessava entrare nel merito di ciò che professa, con cui si può essere d’accordo o meno. Quello che mi ha colpito è stata la scelta di un musicista di discreto successo di abbandonare il mondo patinato preferendogli la libertà di espressione delle proprio idee. Con la piena consapevolezza che questo avrebbe significato con ogni probabilità gettare alle ortiche anni di sacrifici professionali, di depositi sul conto corrente, e di tutto quello che chiunque facilmente può immaginare, senza naturalmente dimenticare le acquisizioni di insulti, volgarità, discriminazioni, derisioni e quant’altro.

Ho scelto di fargli alcune domande che, dovendo finire su un magazine musicale, sono calibrate – come del resto faccio per chiunque altro – su un target eterogeneo e non necessariamente interessato all’artista trattato. Qua e là mi sono concesso qualche libertà, ma non quanta ne avrei voluta, per scavare nella profondità di una personalità artistica – e umana – assolutamente eclettica.

Credo ne sia venuta fuori una chiacchierata interessante che spero vi farà venire voglia di approfondire un po’ questo personaggio, prima di decidere se mandarlo a cagare o se entrare a far parte della sua tribù.

 

INTERVISTA A POVIA

RS – C’è un Povia che non esiste più, quello che quasi tutti ricordano, quello dei bambini fanno ooh e di Sanremo. Ora esiste, secondo la tua stessa definizione, Povia 2.0. Quali sono stati i motivi di questo format e quale il percorso?

P – Nell’arte per me non ci sono regole ed è per questo che, se mi appassiono a dei temi, cerco di metterli in musica. Povia è sempre lo stesso, ma con una visione più consapevole del mondo.

RS – Ho letto in una tua intervista che dici “C’è ancora troppo benessere. Sono io che ho sbagliato tutto, dovevo scrivere canzoni d’amore”. Ti capita mai di pensare a cosa sarebbe oggi la tua vita se lo avessi fatto, se su Radio Italia e RDS mettessero in rotazione i tuoi brani? Non dirmi che non ti è mai capitato di passare di notte di fronte a un palasport e di fermarti a fissarlo immaginando i fan con le fascette sulla fronte che gridano il tuo nome mentre mangiano panini con la salsiccia e bevono birra…

P – Un quadro esatto, ci penso spesso ma poi è più forte di me. Non riesco a fare cose forzate o a tavolino. Mi viene proposto ancora, ma non ci riesco. Sono “ingestibile” come dicono parecchi addetti ai lavori e il termine mi piace. Quindi vado avanti per la mia missione. C’è un pubblico che segue con attenzione le cose che canto, solo che ci vuole tempo per radunarlo tutto. Queste sono le sfide che amo perché mantengono integra la mia virilità (musicale).

RS – Nuovo Contrordine Mondiale, il tuo nuovo doppio album uscito qualche mese fa, è figlio di una lunga gestazione. Alcuni brani sono tipicamente di denuncia, altri come quello sul debito pubblico hanno un taglio didattico quasi fossero degli audio bignami sulle dottrine economiche, altri ancora sciorinano un’ironia feroce. Credo che questa trama alterna sia ciò che, nelle tue intenzioni, doveva servire a tenere in piedi un prodotto estremamente “difficile” rendendolo fruibile nella sua interezza meglio di come lo sarebbero stati i singoli brani. E’ del tutto sbagliato definirlo una sorta di concept album?

P – Bo, non so nemmeno che voglia dire concept album. Sono 4 anni di lavoro e di studio su argomenti che nessuno nella storia della musica aveva mai messo in canzoni. Magari è più corretto chiamarlo ironicamente: Songs that will be appreciated when I’m dead.

RS – Parliamo invece dell’aspetto musicale. L’hai arrangiato da solo? Il lavoro in studio ti ha portato in direzioni diverse da quelle che erano le tue idee originarie? I musicisti che vi hanno collaborato sono stati dei semplici esecutori?

P – L’ho arrangiato assieme a Claudio Del Signore, un musicista completo e molto creativo, pieno di idee. Il mix e la masterizzazione è sempre opera nostra. Con Claudio sono stato chiaro dicendo che il disco non lo stampavo fino a quando non era come dicevo io.

RS – Hai definito Nuovo Contrordine Mondiale un “disco sovrano” perché, in estrema sintesi, è auto prodotto e auto distribuito, quindi totalmente libero. Con il crollo dell’industria musicale oggi è tutto cambiato, mi capita di intervistare molti musicisti che, pur appoggiandosi agli store online, si autoproducono i dischi o addirittura li realizzano con il crowd-funding per poi promuoverli in tour e, fondamentalmente, attraverso i social. Quindi, in teoria, di dischi sovrani ce ne sono diversi in giro eppure, salvo qualche rara eccezione, il loro regno rimane privo di idee. Sembra che nessuno abbia niente di diverso da dire, non c’è mai una voce stonata nel coro. E anche musicalmente tutti azzardano, sperimentano, si professano alternativi ma poi alla fine suonano tutti uguali, tanto che spesso mi annoio a recensirli. Ma allora questa libertà figlia del nuovo sistema esiste davvero o è solo un’illusione? O forse, peggio, non sarà che la libertà c’è ma i più hanno paura di utilizzarla o convenienza a non farlo?

P – Un disco sovrano vuol dire che non si troverà mai nei cestini a 3 euro. Vuol dire che non lo trovi nei negozi o sui portali digitali ma solo alla mia mail con spedizione via posta o in concerto. Vuol dire che tratta temi che possono disturbare, soprattutto la dittatura culturale della cosiddetta “sinistra” che è diventata la peggior destra capitalista. Vuol dire non avere paura di dire cose che non si possono dire, tipo che “Era meglio Berlusconi” o “Dobbiamo salvare l’innocenza” (utero in affitto e acquisto di bambini a km zero) o “Chi comanda il mondo?” (denuncia all’euro e alla finanza) e altri brani che stanno sulle palle ai “più”. Disco sovrano vuol dire sbattersene di qualunque futuro giudizio. Tutto il resto è “mercato, chiacchiere e corsa alla poltroncina”.

RS – Mi viene in mente un doppio parallelismo tra te e Banksy. Nel tuo video un bambino vola in alto attaccato a un palloncino a forma di cuore, su un suo murales quel palloncino gli sfugge invece dalle mani e vola via. E credo tu abbia presente quell’altro stencil in cui c’è una scimmia con un cartello appeso al collo con su scritto “Laugh now, but one day we’ll be in charge”… Chi comanda il mondo? E, soprattutto, chi lo comanderà?

P – Comandano il mondo Wall Street, le altre varie borse, la speculazione finanziaria, le banche d’affari e di investimento, Usa e Russia che si fanno la guerra da sempre mentre il Medio Oriente si sta ribellando anche in Europa, la commissione trilaterale, i cinesi che stanno colonizzando dove glielo permettono, le grandi lobby, le fondazioni e bla bla bla. Consiglio di leggere Paolo Barnard “Il più grande crimine” e “Perchè ci odiano”. La soluzione? Diventare invisibili. Non si può combattere il sistema da dentro il sistema. Coloro che sono “l’antisistema in Tv” sono ancora peggio.

RS – Donald o Hillary. Sai cosa mi stupisce? E intermezzo precisando che questa sarà l’unica domanda in qualche modo “politica” di questa intervista. Mi stupisce che a Bush padre sia succeduto Bush figlio, che prima di loro ci fosse un attore, che a Clinton cerchi di raddoppiare –anzi, triplicare- la moglie, che si schieri un mega imprenditore per scalzare un nero che ha vinto un premio Nobel in busta chiusa… E’ mai possibile che, un catino di milioni e milioni di intelligenze, in trent’anni non abbia saputo esprimere altro che esponenti delle solite due o tre famiglie e faccini altamente mediatici? E non sarà che ha ragione un mio amico americano –peraltro musicista anche lui- che giusto qualche giorno fa mi ha scritto che queste elezioni, proprio come tutte le altre, non contano nulla perché “curiosamente, i padroni e manipolatori del tuo paese sono gli stessi del mio. Tutto è controllato da dietro le scene. E peggiorerà. Credimi, grandi cose sono all’orizzonte”? A me ha fatto riflettere sul fatto che i soldati con le armi di distruzione di massa sono invisibili e quelli con le armi di distrazione di massa indossano scarpini della Nike, ma non è detto che facciano parte di due eserciti separati…

P – Boh, una vittoria di Trump destabilizzerebbe il mantra dell’egemonia ordinata e composta degli USA. Trump mi ricorda Berlusca, un imprenditore bravo con la comunicazione e con gli affari. Un bel po’ pasticcione e sempre pieno di fighe e di successo, che pensa la politica come un capitalista quindi, per assurdo, favorirebbe di riflesso le imprese e le aziende americane. Non so come si comporterebbe nei rapporti e negli equilibri geo-politici, per esempio in Medio Oriente o con Putin o con le rinnovabili che sono il futuro..chissà. Se vince la Clinton, continua come adesso. Personalmente non me ne frega più di tanto anche se il nostro vero governo in Italia, è Washington in sostanza.

RS – Sembra che tu sia uno dei temi preferiti nelle canzoni dei nuovi rapper italiani, da Fedez a Fabri Fibra a Marracash a vari altri. Il passaggio più terribile, forse troppo terribile per essere vero, è “Vorrei vedere la testa di Povia appesa in piazza, vorrei vederlo morto insieme a quelli della sua razza”. Ciò che trovo inquietante non è tanto questa cattiveria gratuita quanto l’omologazione del pensiero che sembra quasi il tratto distintivo di una generazione apatica e asfittica che insegue sé stessa, più per noia che per altro, continuando a mordersi la coda. Com’è possibile che così tanti musicisti sentano pressoché contemporaneamente l’esigenza di gridare il loro disprezzo verso di te? Povia non è Putin e non è la Merkel, Povia non è neanche Berlusconi o Rupert Murdoch. Quindi, con tutto il rispetto, non può essere una strategia dei servi sciocchi di lobby o massonerie; forse, allora, è semplicemente il rimbalzarsi un messaggio che “spacca”, il seguire un code of honor tipo quelli dei writer. Io, francamente, non capisco proprio.

P – Non so, secondo me sono bravi ragazzi ma un po’ bimbiminkia.

RS – La tua ambizione è mettere insieme uno spettacolo che unisca musica, diritto ed economia. Ci sono tre fari e a seconda di quello che si accende parla il finanziere, il giurista, oppure suona il musicista cantando di monete e diritto. Al di là della sacrosanta aspirazione, credi che un format del genere potrebbe funzionare? E quale sarebbe la sua funzione: intrattenimento, arte, sperimentazione, rappresentazione, informazione, protesta, politica, propaganda?

P – Tutto quello che hai detto. Hai dimenticato la cosa più importante: l’emozione. Se funzionerà? Certo! Sta già accadendo. Lo sto sperimentando in varie situazioni. Con L’avvocato Marco Mori, con la Memmt (teoria economica per l’uscita dall’euro) e soprattutto con l’Avvocato Gianfranco Amato sui diritti dei minori e sulla famiglia naturale che è un concetto che non c’entra niente con la religione. La famiglia naturale esiste da quando esiste il mondo. I teatri sono pieni e non è vero che la gente non vuole sentire parlare di questi temi, anzi è il contrario, perchè noi tutti abbiamo trovato un linguaggio semplice ma non semplicistico.

RS – Nei tuoi concerti ti esibisci scalzo. C’è una ragione particolare?

P – In casa cammino scalzo, il palco è un modo per sentirmi a casa.

RS- Ti invitano a suonare all’open day del nuovo Milan con governance cinese, il buffet è imbandito con scaglie di Parmesan, tartine al gorgonzolen, mortadelao con un goccio di Pompeian oil, tutto annaffiato con Kressecco e Ammarrone, Pan d’or argentino e caffè Nespresso. Ci vai?

P – Sì, ti passo il contatto e gli leviamo più soldi possibili.

RS – Se nelle scuole insegnassero che Garibaldi è stato il più grande distruttore dell’Italia, se Claudio Baglioni cantasse Piazza del Popolo con una Fender Stratocaster distorta, se Flavio Briatore fosse il ministro delle finanze, se Rai 3 diventasse Nat Geo Channel e i film stranieri fossero sottotitolati… sarebbe sufficiente per avviare una vera e profonda rivoluzione culturale negli italiani?

P – Garibaldi era un mercenario e chi lo sa ora è arrabbiato e combatte per la verità culturale del Sud incastrato dall’Unità d’Italia. Le altre cose mi fanno sorridere. La vera rivoluzione avverrà quando non avremo più nemmeno gli occhi per piangere (Cit. Francesco II di Borbone).

RS – Ti chiama Vasco per chiederti una canzone da inserire nel suo prossimo album e poi da suonare negli stadi. Quale gli dai?

P – Vasco non canterebbe mai una mia canzone ma un giorno vorrei abbracciarlo stretto perché non l’ho mai conosciuto.

RS – Stai appoggiando un movimento politico che si chiama Alternativa per l’Italia. I tuoi programmi per il futuro sono ancora nella musica?

P – Sì, io ci metto la musica. Alternativa per l’Italia ha lo scopo di ripristinare la Costituzione del 1948. Mi fa piacere sostenerli. Anche il Popolo della famiglia ha lo scopo di ripristinare la tabellina del 2 come diceva in un certo senso Chesterton e mi fa piacere sostenerli. C’è anche Forza del Popolo che è un movimento sovranista in Sicilia. Sono tutti movimenti nati negli ultimi tempi e ci troviamo su tantissime cose. Il mio disco tratta questi temi a favore della nazione e dei diritti dei cittadini, quindi sono contento di essere loro ospite gradito. Anche nella sinistra c’è una parte che ha capito l’inganno. Bisogna avere pazienza e aspettare che tutti si trovino d’accordo su un punto: uscire dall’euro per convenienza e sopravvivenza di tutti.

RS – Per quelli a cui fosse venuta curiosità, come si fa a comprare Nuovo Contrordine Mondiale?

P – Ufficiostampa@povia.net spedizione posta. Oppure in concerto, le numerose date sono in copertina nella mia pagina Facebook.

 

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