Giuliano Dottori: L’Arte della guerra Vol. 1

Giuliano Dottori con L’Arte della guerra Vol. 1 ci fa volare altro, lui con le sue melodie grigiastre ad ogni ritorno aggiusta la mira e la traiettorie per un ascolto volante che non conosce atterraggi

Giuliano Dottori

L’Arte della guerra Vol. 1

(Musica Distesa)

canzone d’autore

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DOTTORIFormalmente L’Arte della guerra Vol. 1, il nuovo lavoro di Giuliano Dottori, è un disco impeccabile, se poi la vogliamo buttare sul versante del sogno, allora l’aggettivo di poc’anzi va rivisto in surplus; sin dall’esordio il cantautore ci ha abituato alla sua poesia tutta giocata sul sottile e delicato equilibrio di una dinamica dai colori grigiastri, spesso asciutta altre volte cristallina, e nulla smentisce questi lampi melodici – spesso chiusi in una bolla opaca – che gravitano rarefatti tra ascolto e scippi mentali.

Otto brani sospiranti, riflessivi, confidenziali in cui l’autore mette sé stesso, le sue immagini nebbiose, le sottrazioni dalle ribalte luccicanti e quelle microscopiche vibrazioni sotto pelle che a stento si nascondono, si celano; L’arte della guerra, ispirato profondamente dal manuale di tecnica bellica e saggezza di Sun Tzu, è il disco dello scandaglio dentro, dei bilanci e di un certo rovistare alla ricerca delle cose dimenticate nei doppiofondo dell’anima, tutte quelle emozioni espresse e non che non vogliono restituire il respiro primordiale della verità e della sua aromaticità interna.

Con Marco Ferrara al basso e Mauro Sansone alla batteria, Dottori sforna brani di scrittura introspettiva, ispirata e di atmosfere malinconiche, il punto di forza di un cantautore che fa scaturire suggestioni e prese di coscienze in ogni passaggio della tracklist e dove anche racchiude radiazioni liriche che colpiscono e incantano istantaneamente.

E’ solo la prima parte di un “discorso” che avrà la conseguenza logica in un secondo disco, uno spazio sonoro di ricerca e di passaggio che lascia il segno stupendo di un cullare sulle dolenze delle grandi dichiarazioni d’amore per la vita, i suoi retro e le altrettante stanze segrete, e allora nel momento topico del passaggio della ballata agrodolce e primaverile Le vite degli altri, il soffice stupore della titletrack, il pianoforte tremante di Occhi dentro gli occhi o il caracollare tenero e pizzicore di cuore I fiori muoiono quando ci rattrista perderli, non rimane altro che aprire gli orecchi e un tre quarti di spirito, tutto avviene in automatico, basta solo non ancorarsi a qualcosa e lasciarsi trasportare, lassù, dove Dottori ci indica la strada.

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