Röyksopp: Junior

Ritornano i genietti dell’elettronica con un disco meno sperimentale e più pop. Ma la musica rimane sempre di altissima qualità

Röyksopp

Junior

(Cd, EMI, 2009)

pop elettronico

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royksopp_junior_album_coverPer gli amanti della musica elettronica è un gruppo imprescindibile, ma per tutti gli altri sono soltanto due ragazzi norvegesi dal look stravagante e dal nome ostico da pronunciare. Per chi non lo sapesse, i Röyksopp, ovvero Torbjørn Brundtland e Svein Berge, entrarono a pieno titolo nella storia della musica contemporanea nel 2001, quando pubblicarono Melody A.M., album unico nel suo genere grazie al mirabile connubio tra ambient, dance e downtempo. Oggi, dopo aver dato lustro alla scena elettronica nord europea attraverso svariate collaborazioni e side projects, i Röyksopp sono tornati con un nuovo lavoro, Junior, e mai titolo per un album fu più azzeccato: in questi undici brani, infatti, la band norvegese sembra voler ritornare a una nuova infanzia artistica, adattando le sonorità estreme degli esordi ad arrangiamenti più pop, con l’obiettivo (forse) di farsi conoscere anche da chi è sempre stato riluttante nel cedere alle lusinghe dell’elettronica.

Il primo singolo estratto dall’album, Happy Up Here, è un bel mix tra dance e pop, incentrato su poche note sintetiche che si ripetono fino all’ossessione, sorrette da vocine metalliche e da suoni dilatati. Un’attitudine meno pop e più discotecara caratterizza invece The Girl And The Robot: la voce limpida di Robyn, cantante svedese alla prima collaborazione con i Röyksopp, si fa largo tra suoni pompati e riverberati, vagamente onirici e decisamente psichedelici, che lasciano un sottile senso di struggimento e di agitazione.

Ma le collaborazioni non finiscono qui: Karin Dreijer, voce di The Knife e di Fever Ray, con la sua voce lascia una marca indelebile sia in This Must Be It, brano labirintico fortemente suggestionato dalla discomusic, che in Tricky Tricky, bellissimo nel suo ritmo convulso e nelle sonorità elettroniche che si adagiano gradualmente le une sulle altre. Ottimi anche i pezzi strumentali: Silver Cruiser, meno concitato e più distensivo, e Röyksopp Forever, anch’esso lento e oscuro e con un finale da pelle d’oca, molto vicino al trip hop per musicalità e suggestioni.

I Röyksopp, confermando talento e genialità, riescono a creare un disco innovativo, che non rimane relegato a uno sperimentalismo estremo ma che si lascia blandire da un’indole pop. Con la speranza che la musica di questo duo norvegese riesca a sedurre il maggior numero di orecchie possibile.

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Sofia Marelli
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