The BPA (Fatboy Slim): I Think We’re Gonna Need a Bigger Boat

Andate oltre alle apparenze: The BPA è un artista conosciutissimo. Altro non è, infatti, che il celeberrimo Fatboy Slim celato sotto falso nome. Con lo zampino di dodici artisti, alcuni emergenti, altri emersi già da un pezzo, il DJ di Brighton realizza un disco esilarante, caratterizzato da una buona dose di sana follia. Guarda il video con Iggy Pop

The BPA

I Think We’re Gonna Need a Bigger Boat

(Cd, EMI)

dance

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È inutile. Per quanto Fatboy Slim tenti di celare la propria identità dietro a strambi pseudonimi, la sua creatività è riconoscibilissima. Succede anche questa volta, in cui Norman Cook si fa chiamare The BPA, ovvero The Brighton Port Authority e sforna, come solo lui sa fare, l’ennesimo disco gioioso e strampalato,  I Think We’re Gonna Need a Bigger Boat.

Dodici brani cantati da dodici diversi artisti, sia emergenti che vecchie glorie, perché, si sa, il Grasso Ragazzo Magro è anche un tipo coinvolgente e generoso, e non ci ha mai pensato due volte a mettersi a disposizione per delle collaborazioni. Poteva uscirne un disco confuso, trainato solo da alcuni nomi eccellenti (Iggy Pop su tutti), e invece ecco un patchwork di generi diversissimi, dal rock cazzaro al reggae, il tutto sempre permeato da un groove scanzonato, ormai diventato il marchio di fabbrica di Fatboy Slim.

Alcuni brani ricalcano perfettamente la personalità dell’artista ospite (come nel caso di Seattle, un twee pop orecchiabile e naive cantato da Emmy The Great, forse il momento più felice del disco); altri, invece, sembrano dei divertissement in cui The BPA spiazza l’ascoltatore, come accade in Spade, brano dal sapore reggae eseguito da Martha Wainwright, più abituata a chitarre folk e a melodie intimiste. In entrambi i casi, comunque, il livello del disco si mantiene elevato.

Ma i pezzi più esilaranti sono affidati agli ospiti “big”, ovvero David Byrne e Iggy Pop: il primo canta Toe Jam, imperniato su una melodia a presa rapida e rallegrata da arrangiamenti spensierati e ironici, in grado di regalare tre minuti di rinfrescante evasione. Al secondo, invece, è stato affidato He’s Frank, brano solare reso marcio dalla voce rauca e fumosa dell’Iguana: un blando riff di chitarra ripetuto all’infinito, quasi una citazione ironica alle schitarrate ipnotiche e roboanti dell’Iggy Pop degli anni d’oro, si innesta su una sezione ritmica giocosa e dance. Il contrasto tra la personalità dura del rocker e lo spirito scanzonato del brano è riuscitissimo.

Ha poca importanza se si chiama Fatboy Slim, The BPA, Quentin Leo Cook o Norman Cook: è sempre lo stesso DJ dalla follia contagiosa, che ancora una volta ha colpito nel centro.

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Sofia Marelli
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