Skunk Anansie: recensione concerto Milano, Alcatraz, 17 febbraio 2016

Gli Skunk Anansie di Skin durante il concerto all'Alcatraz di Milano (17-02-2016) hanno ancora una volta dimostrato di essere una creatura prettamente live, miccia che disintegra la coltre di fumo che sovrasta le teste dei 3.000 presenti

Skunk Anansie

Milano, Alcatraz, 17 febbraio 2016

live report

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Lo confesso subito: sono il meno adatto a scrivere un live report degli Skunk Anansie, per tanti motivi.

Innanzi tutto perché non sono un loro fan, ma questo a ben pensarci potrebbe anche essere un punto a favore mio e della obiettività della mia critica.

Poi perché non li conosco affatto, né la loro storia né le loro canzoni, nulla.

Alcuni anni fa ho acquistato Post Orgasmic Chill ma poi, dopo il primo mezzo ascolto, come tanti altri CD l’ho riposto scrupolosamente in ordine alfabetico nella colonnina dell’Ikea per non utilizzarlo mai più.

Recentemente, in un giorno qualunque, zappeggiando annoiato ho beccato Skin che faceva da giudice in un talent show di cui non ricordo il nome e che non andrò a ricercare su Google. Ho pensato: ma tu guarda come s’è ridotta anche ‘sta sfigata! Senza alcun motivo ho seguito una decina di minuti e ho trovato il programma pietoso, ma scoperto in lei un personaggio assolutamente sui generis e terribilmente affascinante.

Qualche tempo dopo, sempre zappeggiando, su Sky Arte mi sono imbattuto in un vecchio concerto degli Skunk Anansie. La venue era piccola, la band martellava e la front woman era furiosamente e meravigliosamente selvaggia. Urlava, si sbatteva, correva, si gettava tra il pubblico e ogni suo gesto era pervaso da una ferocia inaudita, sembrava una pantera che si dimenava impazzita dentro una gabbia travolgendo tutto e tutti come non mi era mai capitato di vedere. Fantastica, tanto che mi sono ripromesso di andare a sentire gli Skunk dal vivo quanto prima.

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E così eccomi qui.

Stasera mi sono trovato una comoda nicchia nella ressa del sold out, lascio pogare gli altri e sorseggio la mia birra annacquata godendomi lo spettacolo.

I primi a salire sul palco sono i Bones, rockband al femminile che parte come un diesel e conquista l’interesse generale con un crescendo non irresistibile ma costante.

La cantante continua a invitare tutti ad andare a curiosare sul loro sito www.bonesbandbones.com. Poi, insieme alla chitarrista, racconta una storiella interessante. Una sera erano in un locale a suonare e dei ragazzi di Londra, pur apprezzando lo show, gli dissero “Le ragazze non possono suonare la chitarra”. Così, tornate a casa, hanno scritto Girls Can’t Play Guitar, un pezzo arrabbiato in onore di “quei teste di cazzo”. Detto proprio “teste di cazzo”, a scoprire che la chitarrista è italiana e, all’occasione, meno timida di quel che poteva sembrare.

L’entrata di Skin, con una felpa a stelle strisce col cappuccio indossato e degli occhiali da sole, è un po’ alla Apollo Creed.

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Giusto il tempo di far gridare un po’ i suoi ammiratori più eccitabili e I Believed In You già surriscalda l’Alcatraz.

È davvero pazzesca, corre, si sbatte, si tuffa di slancio in mezzo all’audience, proprio come in TV.

Because Of You è bella, così come la successiva God Loves Only You.

È il momento di tirare un attimo il fiato, e Death To The Lovers è esattamente quel che ci vuole.

Proprio come la versione acustica di You’ll Follow Me Down con dedica speciale a Milano.

Skin imbraccia la chitarra elettrica e fa un’altra dedica, stavolta al suo bassista Cass Lewis. E, durante l’esecuzione di Without You, estratta dal nuovo album Anarchytecture, trattiene un acuto che fa impazzire tutti.

Twisted (Everyday Hurts) scatena il delirio, si poga di brutto.

Un intro di basso è il preludio di Bullets, un altro dei pezzi nuovi, che live non sfigurano affatto.

Su My Ugly Boy ci risiamo, tutti saltellano e l’euforia perde lucidità.

Poi è la volta di Weak, da Black Traffic, sulla quale mi distraggo un attimo per scoprire sul Televideo che Cristiano Ronaldo ha appena segnato contro la Roma in Champions. Quando rialzo lo sguardo non posso credere ai miei occhi: Skin è a tre metri da me, in piedi in mezzo al parterre sorretta dalle braccia, o forse dalle teste, dei fan.

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Qualche altro pezzo martellato e poi, nell’ordine, The Skank Heads –con tutto il pubblico a ripetere “get off me, get off me”-, e Charlie Big Potato dal “mio” Post Orgasmic Chill sul cui finale caccia un urlaccio tribale da far scappare tutti gli insetti nel raggio di un paio di chilometri.

Piccola pausa pipì ed ecco la band tornare sul palco con i boccali di birra per farsi gli immancabili selfie col pubblico.

100 Ways To Be A Good Girl non l’avevo mai sentita prima e non mi entusiasma particolarmente. Non so se è per la canzone in sé o perché nel frattempo il Real ha raddoppiato.

Hedonism (Just Because You Feel Good) è un’altra miccia che disintegra la coltre di fumo che sovrasta le teste dei 3.000 presenti che, qualche mese fa, hanno fatto scattare il tutto esaurito pochi minuti dopo la messa in vendita dei tagliandi senza che, per una volta, centrino i siti di bagarinaggio, e questa è una bella notizia.

Poi il felino nero ringrazia tutti per essere venuti, per il supporto alla musica rock live e, citando sé stessa, ammette “Se sono qui è because of you”.

Per chi se li fosse persi niente paura: a luglio saranno il 14 luglio al Pistoia Blues Festival, il 15 al Postepay Rock in Roma all’Ippodromo delle Capannelle e il 17 all’Anfiteatro Camerini di Piazzola sul Brenta (Padova).

Devo dire che, contrariamente a quanto mi sarei aspettato, Skin di persona è proprio bella, estremamente fascinosa e, nonostante un carisma fuori range, anche simpatica con quel sorrisone contagioso che riporta ogni eccesso o eccentricità nel giusto alveo.

Per me è sì.

 

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