Skid Row: Rise of the Damnation Army – United World Rebellion: Chapter Two

Gli Skid Row sono tornati e a poca distanza del primo EP sfornano il secondo capitolo della trilogia United World Rebellion, intitolato Rise of the Damnation Army

Skid Row

Rise of the Damnation Army – United World Rebellion: Chapter Two

(UDR music)

hard rock

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Skid-Row-Rise-of-the-Damnation-Army3 EP al posto di un solo album. Un’offerta allettante da parte degli Skid Row, che hanno preferito sfornare selezioni limitate di brani a distanza di pochi mesi l’una dall’altra, intervallando con calendari fitti di concerti in giro per il  mondo.

Oggi siamo qui per parlare di Rise Of The Damnation Army – United World Rebellion: Chapter Two, che uscirà in Europa il 4 agosto.

Il cantante Jhonny Sollinger non fa rimpiangere Sebastian Bach, dimostrando d’incastrarsi perfettamente con il resto del gruppo – sono comunque 15 anni che è il frontman della band. Dico questo con convinzione, anche se forse i fan della prima ora non si faranno persuadere dalle mie parole.

Li capisco: ancora oggi non riesco ad ascoltare Paradise City cantata da Fergie. Ma queste sono considerazioni da maniaci ossessivi, da tenere per noi.

Tutt’altra cosa è il valore di un gruppo con 28 anni di carriera alle spalle, che porta avanti il suo lavoro con grande umiltà e devozione.

I 5 brani sono stati scritti tra studio e palco, e tranne l’unica ballata, Catch Your Fall, mantengono lo stile che ha reso la band famosa: un hard rock molto energetico venato di punk. Il fil rouge del progetto è, non a caso, legato al concetto di alzarsi e combattere per ciò che per noi conta.

Completano l’album due cover, rispettivamente Rats In The Cellar degli Aerosmith e Sheer Heart Attack dei Queen. Gli stessi Skid Row hanno ammesso di avere scelto queste canzoni per il forte valore simbolico, essendo legate alla fase iniziale della loro carriera. Entrambi i brani sono riproposti senza grandi variazioni: si nota un minor spazio riservato al blues per il pezzo degli Aerosmisth e una generale freschezza dovuta all’attualità dei suoni.

Ho apprezzato questo lavoro, come altri legati all’attuale formazione, perché per quanto possa sembrare scontato saper scrivere del buon hard rock, alcuni musicisti mantengono una marcia in più rispetto agli altri, senza risentire del passare del tempo.

Gli Skid Row, oltre a saper ancora produrre musica grintosa, sanno sempre dare una sfumatura emozionale al loro lavoro, che è poi la vera forza della loro musica, differente dal glam metal vero e proprio. Oltre ai temi e al look più “sobrio”, il fascino dello street metal era rappresentato da quel brivido che ci correva dietro la nuca ogni volta che ascoltavamo (e ascoltiamo) brani come 18 And Life o Out Ta Get Me (degli affini Guns ‘S’ Roses). Musica che non puntava realmente il dito sul marcio della vita , come un certo metal più disperato o pragmatico, ma che suonava a suo modo vero, se non nelle parole, nell’energia sprigionata.

Scusate la lunga divagazione, ma cavolo: gli Skid Row amico! Cosa altro devo dirti per convincerti?

 

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