Psychokiller: Higher

Higher, il nuovo album dei torinesi Psychokiller, è un concentrato rock di rabbia e potenza contro il sistema e l’attuale società, pervasa di individualismo, egocentrismo e false vittorie

Psychokiller

Higher

(Edisonbox)

rock

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psychokiller-band

 

 

 

Gli Psychokiller sono tornati con Higher.

Si parte a tutta forza con Tidal Wave, un’ondata di rabbia feroce che esplode a mettere subito le cose in chiaro.

E allora diciamolo subito: questo disco è figlio di un rock arrabbiato che non trova particolari costrizioni nella sua ansia di apparire.

Ma arrabbiato con chi o che cosa?

Ecco, questo è il punto cruciale a mio avviso, più della critica dei singoli pezzi che tanto, vuoi o non vuoi, hanno comunque una certa omogeneità e un minimo comun denominatore abbastanza ben demarcato.

In passato il rock era una forma di protesta contro il “sistema”, era la voce della società civile che cercava attraverso una forma dirompente ma pacifica di scalfire tutto ciò che poteva in qualche modo essere ricondotto all’establishment.

Il rock di oggi è tutt’altra cosa. Non si limita più a martellare gli inquilini degli attici, che anzi passano in secondo piano fin quasi a scomparire in quella spaccatura che si è creata all’interno della ex massa contestante, un tempo unita, e che adesso non riesce più a comunicare e quindi a coordinarsi.

Ecco che le urla disperate dei nuovi rocker, ora, prendono di mira proprio quelli che fino all’altro giorno erano gli amici, i fratelli con cui si andava sottobraccio e si condividevano emozioni e sudore, tra le altre cose, e che oggi invece non si riescono più a comprendere.

I nuovi nemici sono i nostri vicini di pianerottolo e di metropolitana rincoglioniti nel loro piccolissimo ma grandissimo mondo smart, ubriacati di post, esasperati di selfie, sospesi nel giudizio divino dei giudici di un talent.

“Psychokiller è il prodotto di un mondo fuori controllo, drogato dalle sue stesse paranoie. E’ il mostro invisibile che ci orchestra. Una radio sempre accesa che trasmette, dentro la testa, la dose quotidiana di apatia che anestetizza, violenta i pensieri e li viviseziona trasformando emozioni fittizie e turbamenti paranoidi in inni alla vittoria: earworms senza sosta che attirano nuove vittime. Psychokiller è l’umana sete di auto-tortura”.

E’ la guerra all’altro terrorismo, quello mediatico, quello che controlla le menti e di conseguenza i corpi e le azioni. Ma anche qui, come in quello che usa le bombe al tritolo, il nemico c’è ma non si vede e spesso non si sa neanche esattamente chi sia.

Quindi, anche se nei brani si intravede un minuto spiraglio di speranza, Could You Wake Up è un invito “a staccare gli occhi dallo schermo a 5 pollici prima che sia troppo tardi”, il sentimento predominante è la disillusione, lo sconforto, lo scoramento estremo.

A essere sinceri c’è da essere davvero spaventati, perché nella sintesi estrema del loro pensiero sembrerebbe non esserci nessuna di via di fuga: il grande fratello è il padrone del mondo e noi non sappiamo neanche più chi siamo.

Quindi non ci rimane che incazzarci asfaltando tutto e tutti con le nostre chitarre elettriche, nella speranza che un tritacarne gigante formatti il mondo ma nella consapevolezza che tutto ciò che è in nostro potere, ahimè, è esprimere il nostro dissenso e scansarsi un passo più in là da questo flusso delirante.

“Se ognuno di noi può essere un pixel, scegliamo il sangue come metafora e la musica come arma di difesa. Non saremo le prossime vittime. Gli Psychokiller, in fondo, sono quattro menti semplici alle quali piace contorcersi all’infinito”.

 

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