NoN: Sancta Sanctorum

Sancta Sanctorum è il nuovo album del trio toscano NoN, dove il loro rock oscuro rende omaggio a Charles Bukowski in un tripudio di suoni estremamente ricercati e cupi, rendendolo il seguito ideale del loro lavoro d’esordio Sacra Massa

NoN

Sancta Sanctorum

(I Dischi Del Minollo/Garage Records)

rock (?)

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recensione non sancta sanctorumIniziamo con un po’ di storia. I NoN sono l’abbreviazione di NonViolentateJennifer, l’ultimo nome che ha avuto il gruppo prima dell’attuale. Arrivano dalla Toscana, Andrea Zingoni (voce, chitarra), Massimiliano Leggieri (basso) e Alvaro Buzzegoli (batteria, voce), e probabilmente sono campanilisti spinti giacché tengono a specificare “Firenze e Pistoia” (in ordine alfabetico?). Suonano un rock cupo che dopo varie traversie si concretizza nel loro primo album Sacra Massa (Garage Records, 2014) e in un tour italiano che li porta in giro.

Sancta Sanctorum è introdotto da uno di quei comunicati stampa che io non scriverei mai in cui, tra un volo pindarico e l’altro, viene addirittura spiegato il significato etimologico del titolo, e a cui è allegata un’analisi traccia per traccia anzi, track by track.

Il brano che di fatto apre l’album, dopo un interludio a tema, è Bukowski Piange che, come dettagliatamente illustrato da Andrea, “riprende pari pari una poesia di Charles Bukowski che si trova alla fine di uno dei racconti di Storie Di Ordinaria Follia. Un’imprecazione contro la stupidità degli uomini e contro Dio, pregna di sofferenza e scandita da un linguaggio crudo e diretto che non ha eguali. Fatta apposta per diventare una canzone dei NoN”.

Ed è un po’ il leit motiv su cui ruota tutto questo nuovo lavoro. Nella copiosa documentazione fornita, in effetti, si cita spesso il paroliere americano. Il brano lo ascolto con curiosità perché, ed è l’unico link che troverò tra me e i NoN, anch’io ho scoperto Buk proprio con Storie Di Ordinaria Follia, e da lì in avanti sono diventato un suo estimatore, moderato ma feticista al punto da acquistare qualche prima edizione tra cui una firmata con il celeberrimo sketch della sua faccia paffuta in un autoritratto di poche linee essenziali ma tremendamente efficaci, al pari della sua prosa.

Ci sono molte “stratificazioni” in Sancta Sanctorum, sovra incisioni di più tracce di batteria e “percussioni non convenzionali come scatole di attrezzi da ferramenta e barattoli con chiodi, ma anche organi, synth, pianoforti, addirittura una chitarra acustica.

Addirittura una chitarra acustica! È qui che emerge l’incolmabile differenza culturale –musicalmente parlando- tra me e i NoN. Che, si badi bene, non è in alcun modo pregiudizio. Da un lato è noioso scrivere di artisti così lontani dal proprio gusto musicale, dall’altro è stimolante perché la diversità qualche volta arricchisce e in ogni caso aiuta a tracciarsi un quadro d’insieme maggiormente dettagliato.

Per chi volesse immergersi nel mondo dei NoN, una sottolineatura la merita certamente La Tela Del Ragno, di cui sempre Andrea dice “Non si contano le versioni e gli arrangiamenti diversi che ha subìto questo pezzo, fino a trovare, forse, la sua versione definitiva pochi giorni prima di andare in studio. E’ una presa di coscienza, e una ammissione di colpa nei confronti del proprio vissuto a cui quasi nessuno della mia generazione, i nati negli anni settanta, dovrebbe sottrarsi, ed io infatti non l’ho fatto. L’essere spietatamente sinceri con se stessi dovrebbe garantire il regno dei cieli (con corollario di vergini e caffè Lavazza…)”. Quest’ultima frase piacerebbe sicuramente anche a Buk.

E ancora Come L’ombra, brano ripreso dalla colonna sonora de Il Conformista di Bernardo Bertolucci e firmato Trio Lescano, “scarnificato” e ricostruito con il loro “mood”, il cui ritornello è sugellato dal violoncello di Alice Chiari (presente in altre due tracce), “che è stato trattato e maltrattato tanto da renderlo quasi irriconoscibile”.

Ecco, i NoN hanno a mio avviso una duplice propensione che andrebbe corretta. Innanzi tutto quella di voler incanalare sui loro binari le sensazioni che l’ascolto scatenerà, spiegando addirittura le liriche. Ma ve lo immaginate Charles Bukowski che erudisce i suoi lettori sul senso delle sue parole prima ancora che possano aprire il libro? E poi il voler far apparire tutto aleggiante tra il beat e il sacro con continui rimandi a una certa misticità alta “sancta sanctorum”, e a un’altra più terrena infarcita di granelli sergentpepperiani (i barattoli di chiodi, il violoncello maltrattato e irriconoscibile, le citazioni cult e via dicendo).

C’è una parte del comunicato stampa, quella finale, che pur proponendosi ancora una volta di spiegare qualcosa (la copertina, anche quella!), risulta certamente utile a sintetizzare questo secondo album dei ragazzi di Firenze e di Pistoia: “Sono intorno a un tavolo i tre NoN nella copertina di Sancta Sanctorum. Hanno i volti coperti da un telo e sembrano guardarci, inermi. Ma le loro canzoni generano un vento che muove le nuvole oscurando il sole e lasciando che il buio evidenzi solo i contorni delle cose. E sono tutte cose interiori quelle dentro il loro e il nostro Sancta Sanctorum. Entrambi coperti da un telo che un soffio elettrico lacera, lasciandoci guardare l’umana verità che viene custodita nel tempio di ciascuno”.

Ma perché non lasciare che il buio evidenzi solo i contorni delle cose, lasciando ognuno libero di andarvisi a cercare il sole?

“Basta crederci. Sta a te sapere come interpretare la frase” (Bukowski dixit).

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