Labasheeda: Changing Lights

Labasheeda, band olandese giunta con Changing Lights al quarto lavoro discografico, propone un indie rock dalle venature pop, hard rock, blues rock, il tutto sotto la guida del violino di Saskia

Labasheeda

Changing Lights

(Presto Chango Records)

indie rock

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Labasheeda- Changing LightsPrendono il nome da un villaggio Irlandese i Labasheeda, band olandese giunta con Changing Lights al quarto lavoro discografico. Il gruppo gira intorno alla cantante/violinista (nonché chitarrista) Saskia van der Giessen e al chitarrista Arne Wolfswinkel, e propone un indie rock dalle venature pop, hard rock, blues rock, il tutto sotto la guida del violino di Saskia.

Illustra bene questa sensazione il brano posto come apertura del disco, Spiral Song, che inizia vagamente sulle atmosfere morbose della Venus In Furs dei Velvet Underground, per poi affogare il tutto in un mare di distorsioni, finendo con una pacata coda affidata al violino. Ma le buone premesse sono disattese con lo scorrere delle tracce. Bisogna aspettare soltanto la successiva My Instinct per rendersi conto: l’atmosfera tanto curata di Spiral Song lascia il passo alle più sicure sponde di un indie standard. Head, con voce filtrata, è un brano hard rock che non graffia affatto. Stesso discorso per la scarsamente incisiva On The Beach e l’innocuo grunge di Wasteland. Si prosegue con la soporifera Changing Lights.

I Labasheeda risalgono con Tightrope, grintoso blues rock con il violino a mo’ di sirena, e con la cover di Circles degli Who. A fare da ponte alle due, c’è la strumentale Leave Of Absence, pervaso dalla malinconica melodia del violino. Dopo l’insapore alternative rock di Fifty-Nine, l’album prosegue con il brano che esalta la voce di Saskia, dove finalmente mette le ali e volteggia a suo piacimento per tutti e cinque i minuti.

Pone termine all’album Into The Wide, il migliore e anche quello più sperimentale: chitarra e violino seguono la stessa melodia, poi la chitarra si fa distorta, e accompagna la voce dal tono fatalista. Poi è la batteria a rendersi protagonista scandendo un ritmo motorik, fino a quando ritornano a condurre all’unisono la melodia chitarra e violino. Successivamente interviene un ritmo tribale, finchè il violino chiude il brano con una ventata agrodolce, mentre la chitarra viene pizzicata producendo un effetto quasi psichedelico.

Qualche momento alto e molti di noia, Changing Lights è un disco troppo derivativo che non aggiunge nulla al fin troppo vasto panorama indie e musicale in generale.

 

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