Faith No More: Sol Invictus

Dopo quasi venti anni tornano i Faith No More con Sol Invictus. Ma il dubbio è che sia l’ennesima “operazione nostalgia”

Faith No More

Sol Invictus

(Reclamation)

alternative-rock, hard-rock

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recensione-faith-no-more-sol-invictusMike Patton è un cantante iperattivo, con le sue decine di collaborazioni e forme artistiche più strane ed incredibili mai sentite in questi ultimi venti anni di attività (Mr.Bungle, Tomahawk, General Patton vs The X-Ecutioners, Fantomas, Mondo Cane e tanti altri). Sì, proprio circa vent’anni fa (era il 1997) usciva l’ultimo lavoro dei Faith No More con Patton alla voce (anzi, alle voci! ascoltarlo per credere…).

La carriera dei Faith No More è cominciata nel lontano 1985, incrociandosi nel 1989 con Patton in The Real thing. Un sodalizio artistico durato quasi dieci anni, con ottime uscite (The Real thing, Angel Dust e King for a day…Fool for a lifetime) fino all’ultimo mezzo passo falso (Album of the year). Una carriera straordinaria quella dei Faith No More, anche con i primi dischi con Chuck Mosley alla voce (We care a lot e Introduce Yourself), in cui la band era diventata uno dei gruppi di punta del “rock alternativo” americano e mondiale, dove miscelava funk, heavy metal e hard rock in maniera eccellente, con grande stile. Poi appunto, lo scioglimento nel 1997 ed il viaggio di Patton verso altri mondi musicali.

Sol Invictus è il disco della reunion, anche se c’era stata molto prima, nel 2009, con una serie di concerti in tutto il mondo. Sarà che le (mie) aspettative erano alte, ma qualcosa non ha funzionato.

Il disco è prodotto discretamente (a dire la verità non in modo eccellente), suona impeccabile, tecnicamente ineccepibile ma… non riesce a ripetere l’alchimia dei vecchi dischi, eccezion fatta per sporadici episodi.

Il singolo Superhero è accattivante, con un ritmo ad incedere che incalza e cattura l’ascoltatore. Separation anxiety è un’oscura traccia dark-metal, con un gran lavoro al basso di Billy Gould ed un’interpretazione riuscita di Patton, forse il suo momento migliore. Motherfucker è una divertente marcetta disimpegnata, in pure stile FNM dei primi tempi (più che altro per la lirica!). Il resto sembra un disco molto ancorato alle sonorità della band negli anni ’90, che però ascoltandole oggi sembrano un po’ troppo invecchiate, non aggiungendo nulla di nuovo alla carriera della band. Mancano poi quelle idee geniali e sperimentali dei primi lavori che saranno poi riprese da tantissime altre band successive.

Insomma, ci ritroviamo ancora una volta alla classica operazione nostalgia, riservata però solo ai fan più devoti ma a nessun altro.

 

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