Davide Pagnini: Maschere

Nel suo Maschere, Davide Pagnini canta dell'amore passionale, del divenire nel tempo delle emozioni e della vita. Siamo senza dubbio in presenza di un artista molto interessante

Davide Pagnini

Maschere

canzone d’autore, pop

(PMS Studio)

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Copertina Pagnini - MaschereDavide Pagnini pubblica il suo nuovo album Maschere, il primo da artista solista dopo l’esperienza con il duo Ebanoh. 12 brani più una traccia bonus dal sound vivo che permettono di intraprendere un viaggio introspettivo verso le mille sfumature dell’esistenza, dei sentimenti e dello scorrere del tempo, tutto avvolto dal velato concetto delle maschere, ossia delle facciate che ognuno di noi indossa ma che può scegliere di non indossare per mostrare al mondo il proprio sé reale.

L’album del cantautore pesarese risulta nel complesso godibile, in particolar modo se uno cerca un buon disco da ascoltare con calma, con uno spettro sonoro ricco di pattern melodici e delicate atmosfere folk e pop. V’è una predominanza di brani pacati, quasi ovattati, con testi molto riflessivi alternati ad episodi più ritmati e vivaci, dalle influenze funk e jazz, che contribuiscono ad arricchire la varietà dell’album rendendolo più interessante e ascoltabile nella sua interezza ed evitando che la monotonia delle sonorità pop rischi di farne alla lunga un prodotto scontato.

Davide Pagnini canta dell’amore passionale, del divenire nel tempo delle emozioni e della vita. Siamo senza dubbio in presenza di un artista molto interessante, capace di testi profondi e acuti nonché di una dinamicità musicale spesso ben equilibrata a melodie sia orecchiabili che accattivanti. Si intravedono, in alcuni pezzi più che in altri, le influenze di varie figure di spicco della canzone d’autore nostrana come Cristicchi, Max Gazzè, Jovanotti e Niccolò Fabi.

A Ballerino di Jazz il compito di aprire le danze. Un brano melodico senza troppe pretese dal punto di vista strumentale ma che riesce a sostenere egregiamente le melodie prolungate del cantato, con un testo che parla di cogliere gli attimi della vita e non divenire schiavi del proprio tempo.

Con Mare si vira su acque più misteriose anche per via della presenza della fisarmonica: l’atmosfera si accende progressivamente per culminare con l’ingresso corale di tutti gli strumenti. Un brano dalla struttura galoppante nell’accompagnamento, con batteria e chitarra molto presenti, che si amalgama molto bene con il cantato in stile più folk.

Giocoso ed accattivante è invece Il Mimo, un brano che sfugge da possibili nebbie sentimentali degli episodi più soft che lo precedono e riaccende l’attenzione evolvendosi in quel sound più spinto dagli accenni jazz, grazie ad una tromba dal lamento caldo e fluente, abile nell’intrecciarsi alla voce e fornire all’insieme un tocco di raffinatezza e di swing.

Rosso di sera ricorda vagamente lo stile del primissimo Jovanotti; un rap molto melodico e ritmato dal testo sentimentale, seppur non esattamente andante.

Dirigendosi verso la parte conclusiva del disco, Parla il vento è decorato da una chitarra spagnoleggiante e da cambi di ritmo e intensità considerevoli, per arrivare poi alla pacata dolcezza a tratti malinconica di Tornerà da Sè e Alibi.

Mio figlio sarà un avatar (bonus track e lascito del precedente lavoro in studio Schizzi con il progetto Ebanoh) ha uno stile molto più funk: una spolverata di strumenti elettronici che, accoppiata ad un solido groove sostenuto dal seducente slapping bass, permettono di apprezzare Pagnini anche nel suo lato più elettronico ed energico, che sotto certi aspetti può ricordare alla lontana alcuni fraseggi di Caparezza. Un pezzo dove tutti gli strumenti emergono in particolar modo e con un testo interessante incentrato su tecnologia, mondo virtuale e preoccupazioni sulla futura società.

Versatile ed eclettico, con un particolare stile che sembra ad ogni opera diventare sempre più chiaro e definito. Questo è Maschere di Davide Pagnini.

 

 

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Alberto Rigamonti
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