Bronson: Qui Nel Baratro Tutto Bene

Qui Nel Baratro Tutto Bene è il primo disco dei Bronson. Alla voce c'è Lara Martelli e se anche voi, come me, siete innamorati di lei sin dalla prima volta che l'avete vista, non potete non leggere questo articolo

Bronson

Qui Nel Baratro Tutto Bene

(RBL Music Italia)

rock, pop

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Bronson- Qui Nel Baratro Tutto BeneSarà anche riduttivo parlare di questo Qui Nel Baratro Tutto Bene dei Bronson come del nuovo album della nuova band di Lara Martelli, ma consentitemi la debolezza: io sono innamorato di Lara Martelli dalla prima volta che l’ho vista, nonostante i suoi alti e bassi artistici. Sarò lungo, pedante e noioso in questa recensione, ma se avrete la costanza di seguirmi fino in fondo, forse, potrete farvi un’idea abbastanza coerente riguardo al disco in questione.

La prima volta che ho visto Lara Martelli erano gli anni ’90. Io ero al primo o secondo anno di liceo, almeno così mi pare di ricordare. Erano gli anni in cui iniziavo a costruirmi una formazione musicale annaspando tra quelli che erano i tormentoni mainstream del periodo. Erano anni musicalmente complicati che, per certi versi, sembrano aver già fatto il giro, pronti purtroppo a ritornare. Intendo dire che quello era il periodo della “dance a più non posso” e del Festivalbar che pompava roba tipo Alexia, Robert Miles, Thake That. Un periodo storico che, se vi sembra lontano, vi basterà guardare sullo stesso canale televisivo di allora, un programma identico ad allora, con un nome simile a quello di allora, però sponsorizzato da una famosa bevanda gassata (che c’era anche allora e ci sarà sempre). Vi tornerà addosso la stessa tristezza, giuro! Accanto alla cassa in quattro usata come se non ci fosse un domani, c’erano sonorità che sembravano pionieristiche per l’italia: Gangsta’s Paradise, Killing Me Softly, California Love. All’epoca hip-hop ed r’n’b iniziavano a mischiarsi anche da qui da noi, peccato che i risultati e le conseguenze (almeno in Italia) si siano rivelate essere quelle che potrete constatare, per i più forti di stomaco, guardando il succitato programma televisivo al giovedì sera.

La bandiera della canzone italiana allora era tenuta in alto da Eros Ramazzotti, 883 e Ligabue, mentre dall’estero sbucava fuori gente come Jamiroquai, Cranberries, Daft Punk ed Underworld con l’inno Born Slippy. Una bella differenza, direte voi, vero?

Una di quelle tristi sere, in una trasmissione televisiva presentata da Fiorello, buca lo schermo Lara Martelli. E’ bellissima, biondissima, con due occhi che non puoi non innamorarti di lei all’istante, una camicetta bianca che per i miei 14 anni era il massimo dell’erotismo. Non ricordo neppure che canzone cantasse, io sentivo solo i violini ed il cinguettio della primavera. All’epoca internet non era così stabordante di informazioni, per cui coltivai il mio amore esclusivamente attraverso il ricordo, per un po’. La rividi su Videomusic qualche tempo dopo: dreadlocks, pantaloni larghi, sembrava più Zack De La Rocha che la splendida creatura eterea che ricordavo. Cantava qualcosa tipo Aspettiamo Il Vento saltellando dentro ad uno sfasciacarrozze. Era l’epoca, per intenderci, in cui Red Ronnie con il suo programma pomeridiano HELP!, era l’ambasciatore della musica emergente in TV ed ospitava i Laghisecchi che non erano ancora diventati Numero 6, i Tre Allegri Ragazzi Morti che non erano ancora diventati i Tre Allegri Ragazzi Morti e Vinicio Capossela e Carmen Consoli che accrebbero la loro popolarità, sotto la sua benedizione, come tanti altri.

Misi la bella Lara nel dimenticatoio, deluso dalla sua proposta musicale immatura, forse anche un po’ banale all’epoca. Passano alcuni anni e tra le proposte di uno storico catalogo che vendeva CD per corrispondenza, che io divoravo ed al quale elargivo praticamente tutta la mia paghetta settimanale, vedo un riquadro che incornicia un disco e descrive l’autrice come “il segreto meglio custodito del rock italiano”. Il disco si chiamava Orchidea Porpora, lei Lara Martelli ed era più bella che mai. Ovviamente comprai subito Orchidea Porpora che rimase nel mio lettore CD per mesi. Lara venne in concerto anche a Cosenza, la mia città, l’anno successivo ed io ero incollato alle transenne a cantare a squarciagola le canzoni imparate a memoria mentre lo sparuto pubblico mi guardava come fossi un idiota e la mia ragazza dell’epoca sembrava anche un po’ gelosa. Ma quel disco era una bomba e lei quella sera era bellissima, con una canottierina di pizzo nero trasparente che ricorderò per il resto della mia vita.

La produzione di Lara proseguì, qualche anno più tardi, virando sull’elettronica e sul cantato in inglese con risultati altalenanti, ed io la perdo di vista. Poi, qualche giorno fa, mi danno da ascoltare il disco dei Bronson: Qui Nel Baratro Tutto Bene (in realtà andrebbe scritto Brönsøn). Mi basta un secondo per riconoscerla e la certezza me la da internet: Lara Martelli è tornata e con lei un pezzo di quei musicisti (Pierfrancesco Aliotta al basso e Vieri Baiocchi alla batteria ai quali si unisce la new entry Giorgio Maria Condemi alle chitarre) che suonavano in quel picco della sua personale produzione che fu proprio Orchidea Porpora.

Leggo che l’idea di formare una band è nata durante una festa di compleanno di Lara. Bastano poche ore in sala prove per partorire una manciata di pezzi che fanno ben sperare. Poi, una volta allargata la proposta ad altro materiale, l’idea di affidarsi al crowdfunding per realizzare un disco. Così nasce Qui Nel Baratro Tutto Bene.

Ed ora parliamo di questo disco, nato da un ensemble che ha esperienza da vendere, anni di carriera sulle spalle, eppure ha ancora voglia di mettersi in gioco. L’attitudine che pervade il lavoro è tanto rabbiosa, quasi collerica in alcuni episodi, quanto eterea e diradata in altri.

Dico subito che tuttavia si tratta di un disco, fatalmente, derivativo. Risente molto di certi suoni desertici tanto quanto di riferimenti newyorkesi dai ritmi marziali, come ad esempio gli Strokes in Les Amants. In Luna si scorgono da lontano i Tame Impala, mentre Rec&Play è una evidente citazione dei Black Sabbath di War Pigs che muta successivamente in I Think I Lost My Headache dei QOTSA. Avida e Chimera non avrebbero sfigurato come b-side di Orchidea Porpora, invece altre tracce come Contare sono più sofisticate e dolci e strizzano l’occhio al pop d’oltremanica. In Generazione non ho potuto fare a meno di riconoscere un riff molto simile al giro di basso che si sente nella strofa di Comedown dei Bush. Altri episodi ricordano i Wolfmother (chi se li ricorda?).

C’è da ammetterlo, però, questo disco è suonato in modo impeccabile, senza una sbavatura. La scrittura di Lara Martelli è colorata da immagini e riferimenti poetico/filosofici che vanno da Nietzsche (non c’è fine all’abisso se l’abisso ti guarda dentro) a Baricco (Inverno). Le sue liriche si posano sui drappi sonori intessuti dai tre sodali, adagiandosi a volte morbidamente come un velo di nevischio, altre volte, invece, si insinuano fra le trame in modo obliquo e quasi di contrappunto.

In conclusione, non aspettatevi innovazione o balzi in avanti dello stile musicale. I Bronson suonano un rock nudo e crudo che pesca a piene mani dagli anni ’90, riveduto e corretto quanto basta per funzionare a dovere vent’anni dopo. Genuini e con un tiro che molte “nuove proposte” purtroppo si sognano, nonostante la giovane età dovrebbe portare in dote la grinta. Ed invece le giovani band di oggi sono più interessate all’acconciatura, all’outfit, all’apparire ad ogni costo e quasi per nulla al suono. In questo i Bronson, a dispetto dell’esperienza (o forse proprio grazie a questa), non peccano di certo ed è una dote invidiabile. E poi Lara Martelli è sempre più bella (e scusate se insisto, ma ne sono innamorato, ve l’ho detto) e lei lo sa perfettamente, perciò ci marcia e ci gioca con la sua bellezza da film in bianco e nero (la immagino algida in Metropolis). Forse è anche questa avvenenza che l’ha penalizzata, paradossalmente, nel corso della sua carriera, a discapito di una voce splendida e controllata da una tecnica notevole.

Qui Nel Baratro Tutto Bene è un disco diretto e potente, che piacerà tantissimo a tutti quelli che hanno nostalgia dei chitarroni, odiano i talent e che alle bibite gassate ed ai cocktail “fancy” preferiscono una bottiglia di birra o un calice di vino rosso.

 

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Antonio Serra
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