Babel: Resta un pizzico di delusione nella delusione

I veneti Babel arrivano con il debutto Resta un pizzico di delusione nella delusione, un passo sonoro che si spinge oltre il limite della poetica maledetta, urla e fa pace coi sensi rapiti dell’ascolto

Babel

Resta un pizzico di delusione nella delusione

(Autoproduzione)

rock

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Babel COVERIn questi anni di magra culturale a molti finisce per andare bene quasi tutto pur di riempire le orecchie con qualcosa che faccia suono – o meglio dire – rumore. Figuriamoci, ci si accontenta di tutto a discapito della qualità, basta la quantità a fare peso. In difesa – miracolo – di questa depressione caustica arriva la salvezza “diabolica” di un disco inaspettato, fradicio e immacolato di pathos e giugulare gonfia, torba e buio distorto che nello stretto giro di dieci tracciati sconvolge e disarma come un pugno sulla bocchetta dello stomaco, come una boccata di sangue nei doppifondi di una notte malata.

Da Vigevano il debutto ufficiale dei Babel, Resta Un Pizzico Di Delusione Nella Delusione, tracce ematiche, un gioco a rimando di infusioni e personalità ossesse che urlano, si sbattono, accarezzano urticosamente e lasciano ferite che si aprono e chiudono come un vorace mantice notturno e famelico. Strano quanto micidiale miscuglio tra Dregd e Edda, L’uomo migliore, la titletrack, La sorpresa, virus kuntziani (Musica dal fronte) e diavolerie alla A Perfect Circle (Non parleremo più), un complesso vortice di cortocircuiti plumbei che danno carica e potenza ad una circolazione sanguigna pesta, violacea e inarrestabile, quella dinamica tensiva che già potrebbe affrontare le alte vette degli ascolti allargati, ben oltre fuori del mero underground.

La parola zittisce per fare posto all’intensità strumentale di Leuwen, un mare di degressioni affascinanti quanto il suo imperversare “maledetto” e melodico, echi, larsen, inneschi, rigurgiti acidi ed esplosioni costituiscono la cifra sonica di un qualcosa che si spinge al limite, oltre il tempo e ben più in la della circonferenza contenitiva del disco.

A fine giro di tutto, rimane nell’aria un denso vapore di bellezza delirante, un ascolto che -se non sei ferrato – ti manda all’aria tutte le sinapsi. Straordinariamente “off”!

 

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