Arti + Mestieri: Universi Paralleli

Il ritorno di una delle band che hanno fatto grande il progressive rock italiano: Arti + Mestieri a 40 anni da Tilt tornano con Universi Paralleli e non hanno perso una briciola di bravura

Arti + Mestieri

Universi Paralleli

(Cramps Records)

progressive rock, jazz

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Arti-e-Mestieri-Universi-Paralleli-recensioneQuanto uscì Tilt nel 1974, gli Arti + Mestieri scelsero un imbuto come immagine di copertina. Tralasciando ora speculazioni sui vari livelli di interpretazione che l’iconografia suggeriva, non è difficile identificare in quel oggetto la chiave di lettura del suono della (ormai) storica band progressive torinese. Lontani da tecnicismi fini a se stessi, da complessità armoniche e strutturali più simili ad esercizi di stile che a composizioni emozionali, gli Arti + Mestieri hanno prediletto da sempre la componente filmica del progressive rock. Quella in grado di regalare sensazioni che disegnano paesaggi sonori ed ambientazioni elaborate, illuminate da chiaroscuri importanti, come lunghe sequenze di film mai girati.

Nel corso degli anni Tilt è rimasto tra i migliori esempi del progressive rock mondiale e gli Arti + Mestieri, nonostante le continue rivoluzioni interne, hanno continuato a portare avanti la loro idea di progressive. Più vicini al jazz di quanto non lo sia stata nessuna altra band di quel periodo magico e mistico in cui il progressive rock era la lingua musicale più importante e comunicativa, anche il loro ultimo lavoro, Universi Paralleli, sembra più una lunga sonorizzazione di un film, di quelli come non se ne fanno più. Un film dai toni malinconici e romantici, dove l’evoluzione dei personaggi ruota intorno ad un esistenzialismo tipicamente italiano.

Luci soffuse ed atmosfere morbide, occhiali a goccia e pantaloni a costine leggermente a zampa, eskimo e sigarette che riempiono il posacenere dell’auto. Gli strumentali sono piacevoli, fruibili anche ad orecchie non avvezze al genere, proprio perché i raffinati arrangiamenti non risultano mai eccessivi. I brani cantati non annoiano nonostante le liriche criptiche e (queste sì) leggermente barocche. Non cadono mai nel tranello del voler stupire a tutti i costi con effetti speciali, non colpiscono mai l’orecchio dell’ascoltatore con pesanti architetture che si aggrovigliano su se stesse, ma lo portano per mano attraverso un giardino sonoro ricco e mai volgare, come un piano sequenza con la macchina da presa che scorre morbidamente attraverso le siepi, lungo la ghiaia dei vialetti, sbirciando tra gli anfratti che fanno da sfondo, raccontano e proteggono storie e personaggi muti, dai dialoghi essenziali, dalla mimica pronunciata che determina tutta l’espressività del racconto.

A quarant’anni dall’esordio gli Arti + Mestieri si confermano una ensemble di musicisti in forma smagliante, capaci di sfoderare ancora assi nella manica come questo Universi Paralleli che nulla ha da invidiare tanto allo storico primo album quanto a molti lavori internazionali. L’esempio lampante che la qualità e la passione determinano inevitabilmente la realizzazione di lavori di indiscutibile bellezza è sotto ai nostri occhi e pronto per le nostre orecchie, ancora una volta.

 

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Antonio Serra
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