Intervista ai Rio

Quattro chiacchiere con Fabio Mora, cantante dei Rio, al Live Forum di Assago. I Rio festeggiano il loro decennale... rimanete sintonizzati su di loro!

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14 marzo 2014, incontriamo i Rio nel backstage del Live Forum di Assago.

Il tour di Fiori è partito nell’ottobre 2013, siamo attorno alla sessantesima data e il soundcheck che hanno appena fatto ha dato loro la carica. Parliamo con Fabio Mora, cantante dei Rio.

Rockshock. Cosa significa essere un Rio? Quali sono gli elementi che vi caratterizzano e caratterizzano la vostra musica?

Fabio. Rio in spagnolo significa fiume. La nostra terra, l’Emilia, è percorsa e lambita dal Po e le rive del grande fiume sono parte costitutiva del nostro immaginario. Poi c’è l’amore per il Messico (il loro album di debutto e il loro fan club si chiamano non per niente Mariachi Hotel, ndr) e per altre culture. Ci caratterizzano la caparbietà e la voglia di metterci sempre in gioco. Siamo persone solari e conviviali, ci piace stare in mezzo alla gente. Sappiamo ancora emozionarci!

La nostra musica è solare proprio come noi, abbiamo messo un sole sulla i di Rio! L’Italia è un Paese bellissimo, fatto di romantici e melanconici… Far sorridere la gente è molto più difficile che farla piangere.

Rockshock. Un momento particolarmente significativo per i Rio?

Fabio. Nel 2007 abbiamo coronato un sogno e chiuso un cerchio: siamo stati per dieci giorni in Messico grazie al programma “Fly Case” di AllMusic (trasmissione itinerante realizzata in giro per il mondo, ndr). Abbiamo visitato le maggiori città e abbiamo avuto la possibilità di suonare con dei veri mariachi!

Rockshock. Avete fatto più di 600 date che vi hanno portato in giro per l’Italia, l’Europa e non solo. Cos’è per voi l’attività live?

Fabio. Come dice la parola stessa, live è sinonimo di vita. Senza tutto questo non saremmo quello che siamo. Ricordo i primi anni quando andavamo in giro per i locali più sgangherati: c’era tanto rock ‘n’ roll, facevamo cover di classici e pezzi tradizionali messicani. Poi piano piano si spera sempre di suonare in posti più grandi e di guadagnare di più… certo suonare davanti a 2.000.00 persone come è successo a noi a Campovolo nel 2007 ti dà una scarica di adrenalina davvero incredibile, ma noi amiamo e non smettiamo di suonare in posti come questo, che ci danno modo di stare a contatto con le persone.

Posti come questo ci permettono di conoscere gente, di raccontarci come stiamo facendo con voi. Poi finito il live apriamo il backstage a fan e amici e condividiamo con loro emozioni, impressioni, storie. Tutte queste cose entrano a far parte di noi e confluiscono poi nella scrittura. Questo contatto, questa condivisione è fonte di arricchimento ed è una delle cose più belle del nostro lavoro. Sarebbe terribile suonare e poi chiudersi in una stanza d’albergo senza vedere nessuno, ma per fortuna noi siamo persone solari (di una solarità dilagante e contagiosa, ndr).

Rockshock. Com’ è il processo creativo dei Rio?

Fabio. Quanto tempo abbiamo? (sorride divertito, ndr). Beh, Fabio (Fabio “Bronsky” Ferraboschi, bassista, ndr) è un autore e produttore discografico oltre che polistrumentista e poeta. È entrato nei Rio nel 2007 e subito si è rivelata la sua grande capacità e importanza come autore. Grande motivo di orgoglio per tutti noi è stato il premio della critica e miglior testo che ha ottenuto a Sanremo la canzone “invisibili” di Cristiano De Andrè, il cui co-firmatario è proprio il nostro Fabio. La sua parte è molto importante nel processo creativo dei Rio, anche io scrivo. Poi sottoponiamo il materiale al vaglio degli altri e parte il vero e proprio cantiere operativo Rio. Ci sono proposte, cambiamenti, ripensamenti, tagli, aggiunte… Alla fine il prodotto che viene fuori è completamente Rio perché c’è dentro qualcosa di ognuno di noi. Tutti abbiamo una parte attiva nel processo creativo.

Rockshock. La quarta traccia di Fiori è Terremosse, canzone che racconta del terremoto dell’Emilia del 2012. Com’è stato raccontare un evento del genere?

Fabio. È stato difficile. Non volevamo che fosse una canzone di denuncia, ma che fosse un atto d’amore per l’Emilia e per gli emiliani. Volevamo che celebrasse quelli che il giorno dopo si sono tirati su le maniche, volevamo comunicare che non bisogna mai perdere la speranza. Inizialmente non avevamo pensato che Terremosse sarebbe confluita in Fiori e che sarebbe diventata un singolo… ma poi quando abbiamo iniziato a suonarla a tutti gli eventi di beneficenza ha avuto una risonanza ed un effetto pazzeschi e allora è diventata quello che è oggi. Per parlare di questo tragico evento con positività e speranza abbiamo usato delle metafore: il girasole rappresenta noi emiliani, il sole rappresenta il domani… abbiamo le radici ben piantate per terra e a testa alta guardiamo al domani.

 

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