Federico Cimini: Pereira

Il calabrese Federico Cimini con Pereira racconta e snocciola storie stralunatamente vere, con la verità di un Rino Gaetano e la malinconia di una luna rotonda

Federico Cimini

Pereira

(MKrecords)

canzone d’autore

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federico cimini recensione pereiraCi sono dischi che suonano come pagine di vita trasognata fin dal primo ascolto. In Pereira, secondo disco del cantautore calabrese Federico Cimini, ce ne sono addirittura tante, tutte di quello yo yo poetico tra lo sfasato e l’intimità matura di una trasformazione indagatrice di gamma, undici tracce dal tono ironico e svezzato dalle mode inconsistenti che vanno a rinvigorire ascolti in cerca di buone cose di cui arricchirsi dentro.

Sono presenti la disillusione, gli amori distanti, i sogni, le realtà e i disincanti, tutte sensazioni che Cimini avvolge di suoni vintage, semplici, stravagantemente retrò, un andazzo che nell’insieme dona una spiccata personalità libera – di parole e move-it –  che si allunga anche verso “verità” trasversali di un Rino Gaetano al top, anche questo un elemento di distinzione dove l’artista calabrese non si accosta a vetrofania, ma con la cautela di una ispirazione istintiva personale, pura e priva di qualsiasi scimmiottamento.

Col cuore verso un Pereira di Tabucchi e con due piccoli camei (la voce fuori campo di Kutso in Bruno l’erede di Pino e quella  di Cristicchi in Pelleliscia) nel taschino delle cose che luccicano, la tracklist si snoda come un soundtrack onirico ma coi piedi a terra, il ritmo d’orchestrina Come fare, la marcetta agrodolce a suon di clarino Stella cadente, la solitudine appena alla notte Maria, sono storie di cui ci si veste immediatamente, fino a farle proprie come il respiro.

Cimini è un grande, un allegro malinconico che farà parlare.

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Max Sannella
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